L'ultimo trend in fatto di vini? Quelli affinati in mare
Il futuro delle cantine vinicole sarà in fondo al mar? Ecco la storia dell'affinamento sottomarino
Se pensiamo a come vengono prodotti tradizionalmente i vini pensiamo soprattutto a botti di legno conservate in cantine sotterranee, magari dalle architetture antiche e dalle proprietà rigorosamente controllate. E se vi dicessimo che l'ultima novità sono le cantine subacquee? Sembra una bizzarria non da poco, e certamente ci sono puristi che storcerebbero il naso di fronte a queste tecniche che sono sì innovative, ma affondano le loro radici anche in tradizioni antiche (già i Greci e i Romani, per esempio, erano soliti immergere l'uva o miscelarla con acqua marina per esaltarne gli aroumi in fase di vinificazione).
Secondo i promotori di questo approccio marino all'affinamento dei vini, tuttavia, i vantaggi sarebbero molteplici: collocare le bottiglie in vere e proprie strutture immerse parecchi metri sotto il livello del mare permetterebbe di sfruttare un microclima ideale, a temperatura costante e in completa assenza di luce e ossigeno. C'è di più: le correnti marine e le onde stesse avrebbero un effetto benefico nel "cullare" le bottiglie, producendo un movimento ondulatorio che giova alla qualità del prezioso nettare. In più la posizione subacqua riparerebbe il vino dalle fasi lunari, spesso causa di modifiche inaspettate alle suo qualità organolettiche.
Un particolare impulso a queste tecniche "bagnate", come racconta anche il sito di Rolling Stone Italia, l'ha dato nel 2010 il ritrovamento, al largo dell'arcipelago finlandese delle Åland, di 145 bottiglie di champagne perfettamente conservate nel relitto di una nave sprofondata nel 1852 a 50 metri sotto il livello del mare. Chi ha assaggiato quelle bottiglie, poi rivendute a prezzi esorbitanti all'asta, ha assicurato un risultato incredibile per quanto riguarda la conservazione sott'acqua. Da lì in tutto il mondo si sono moltiplicati i tentativi di esplorare queste inedite modalità, tanto che Veuve Clicquot ha sommerso diverse bottiglie proprio nello stesso punto del ritrovamento nel mar Baltico, e lì rimarranno per una quarantina d'anni.
Pare che al mondo, tra Francia, Spagna, Italia, Grecia, Stati Uniti, Cile, Sudafrica e Australia, esistano una decina di queste underwater cellars. In Italia, in particolare, esiste anche un consorzio, chiamato UnderWaterWines, che vuole affrontare con metodo scientifico la ricerca sul cantinamento in mare. Ci sono esperimenti di questo tipo in Liguria, Campania, Emilia Romagna, Salento, Sicilia e Sardegna, con realtà che si chiamano Orygini, Megaride cantina sottomarine, Akènta Sub... E poi c'è la storia di Tenuta Paguro, a quanto pare la primissima cantina a sperimentare l'affinamento in mare già dal 2008 al largo di Ravenna. Se questi vini siano poi decisamente buoni, spetta dirlo agli esperti. Nel frattempo rimangono tecniche del tutto suggestive.
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