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Sara Preceruti di Acquada: "In cucina mi piace generare stupore"

09/01/2023
3 minuti

Dopo un precocissimo inizio di carriera, segnato nel 2013 anche col premio Migliore Chef donna dalla Guida Identità Golose, Sara Preceruti corona il suo sogno e nel 2016 apre il primo Acquada a Porlezza, in provincia di Como. Trasferitosi ora a Milano (e prenotatile su TheFork e selezionato dalla guida Michelin), Acquada è un ristorante di lusso e una location per eventi e catering. Abbiamo intervistato Preceruti per farci raccontare il suo stile così vivace, inaspettato e di carattere:

Il nome del ristorante, Acquada, ha un significato suggestivo: ci può spiegare questa scelta?

È una parola che rappresenta bene quello che desidero per la mia cucina, che sia sorprendente, forte e capace di rivelare tutti i “colori” del gusto, proprio come un acquazzone, che arriva all’improvviso e pulisce quello che c’era prima per dare vita a uno splendido arcobaleno.

L’Acquada prima si trovava a Porlezza: com’è stato questo cambio di passo per la sua cucina e quali nuovi stimoli ha trovato a Milano?

È stato un cambiamento importante, ma era ciò che desideravo. Volevo mettermi in gioco e interagire con un pubblico diverso, più preparato. È stato ed è tutt’ora molto stimolante, i milanesi sono clienti molto esigenti e questo mi permette di mettermi costantemente in gioco e trarre maggiore soddisfazione ad ogni traguardo raggiunto e a guardare sempre avanti, verso nuovi obiettivi.

La sua cucina punta sulla qualità degli ingredienti e sulla rivisitazione innovativa della tradizione: quali sono i segreti di un piatto perfetto?

Non so quale sia il piatto perfetto, nella mia cucina creo ciò che io amo: i contrasti, nel sapore, nelle consistenze, nelle forme e nei colori. Mi piace generare stupore, mi piace l’inatteso, mi piace che in bocca accada una magia e gli ingredienti rivelino il loro lato più giocoso e creativo, pur mantenendo l’equilibrio indispensabile o, forse, creando nuove forme di equilibrio.

E quali sono i piatti che bisogna assolutamente assaggiare una volta seduti ai tavoli di Acquada?

Un piatto che mi rappresenta particolarmente è un dessert, “Il gianduia veste rosso”, è un peperone baby rosso, ripieno di gianduia e accompagnato da gelato al latte di capra. In questo dolce emerge la mia passione per i contrasti tra ingredienti, sapori, consistenze e colori, abbinamenti inusuali che danno vita a un piatto divertente, che libera la mia voglia di sperimentare.

Un altro piatto che amo molto, sempre in menù ma sempre diverso, in base alle stagioni e all’estro del momento, è la mia versione del vitello tonnato, per il menù di questo inverno è una Lingua di vitello tonnata accompagnata da crumble dicapperi, carciofi all’agro, gel di arancia e olio al prezzemolo.

Da ultimo, direi il mio risotto, adoro prepararlo, non smetterei mai, e mi offre la possibilità di sperimentare moltissimo, nel menù attuale è un Risotto affumicato alla zucca con panna acida, canederli di gamberi, caviale al nero, lamponi e cavolini di Bruxelles.

Lei ha ricevuto grandissimi riconoscimenti nel mondo dell’alta cucina anche considerando la giovane età: cosa consiglia ai giovani chef che vogliono intraprendere questa carriera?

Bisogna crederci davvero tanto, non lasciarsi abbattere dagli ostacoli e non farsi mai limitare dai trend del momento, quello che conta è esprimere sé stessi al massimo e impegnarsi profondamente.

La ristorazione è considerata ancora un mondo a predominanza maschile: ha notato discriminazioni o svantaggi? E se sì, cosa bisogna fare per cambiare le cose?

È ancora un mondo a predominanza maschile, ma pian piano anche le donne chef si stanno facendo sentire e stano facendo sempre più strada. Personalmente non ho subito discriminazioni, grazie anche al mio carattere un po' “fuori dalle righe”. Nella mia cucina, in ogni caso, non creo discriminazioni di alcun tipo, non scelgo i miei collaboratori perché uomini o donne ma per le loro caratteristiche, caratteriali e di cucina.

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