Contrada Bricconi
Ristorazione

Michele Lazzarini di Contrada Bricconi si racconta

24/05/2023
4 minuti

A poco più di trent'anni, Michele Lazzarini ha già una grande esperienza nel campo della ristorazione e ancora tanti progetti, oltre ad aver già realizzato un grande sogno: quello di aprire la Contrada Bricconi, a Oltressenda Alta, in provincia di Bergamo, un tempo valle spopolata e ora nuovo centro che intreccia cibo e cultura.

La passione di Michele per la cucina ha radici lontane, ma vicine: "La mia scintilla per la cucina è nata in casa, in famiglia. I miei nonni hanno sempre cucinato e i miei zii hanno aperto una trattoria dove tutt'oggi mia mamma cucina", racconta lui a TheFork. Nel cuore rimangono i piatti più significativi: "Probabilmente è il risotto. Mia mamma provava a fare le prime prove e io ho questo ricordo indelebile di questa cipolla che soffrigge prima di aggiungere il riso che mi è rimasta dentro", ricorda lui: "Poi anche gli ingredienti selvatici che mia nonna e mio nonno andavano a raccogliere nei boschi, tutte le marmellate che si producevano. Di sicuro sono cose che mi sono rimaste dentro".

Tornare a casa

Da lì l'iscrizione alla scuola alberghiera e poi le tante, prime esperienze che lo portano lontano da casa. La più importante di tutte sono sicuramente i nove anni con Norbert Niederkofler, chef del St. Hubertus di San Cassiano in Alta Badia, tre stelle Michelin: "Con lui abbiamo ripreso questa filosofia che è il Cook The Mountain che mi ha segnato e mi ha plasmato per quello che sono: questa filosofia del territorio, di quello che racconta una montagna, una valla. È stata un'esperienza incredibile per me: abbiamo girato il mondo e fatto tante esperienze insieme".

Dopo tanto apprendere e viaggiare, la voglia più grande, però, è stata quella di tornare a casa: "Mi sono rimesso in gioco proprio perché avevo voglia di nuovi stimoli, di nuova avventura. E fare una cosa a casa mia, in una valle sempre rimasta esclusa". Michele Lazzarini racconta ancora con emozione il primo "incontro" con Contrada Bricconi: "La prima volta che l'ho vista, tornando da una stagione al St. Ubertus, ho conosciuto questi ragazzi e subito mi si è accesa un'idea: io qua devo fare qualcosa. Quando sono arrivato qui, con la neve, in questo posto sperduto, immerso nella natura, ho detto subito: bisogna fare qualcosa di grande e di fuori dagli schemi".

Fare le cose in modo nuovo

Da qui nasce Contrada Bricconi come la conosciamo oggi, un ristorante ma anche un laboratorio per sperimentare un nuovo sistema di fare le cose: "È un progetto culturale, non è solo ristorante. Dietro c'è un mondo: agricoltura con stalle supertecnologiche per l'allevamento e l'essiccazione del fieno, i formaggi fatti qui, e poi si estende ai dintorni, con collegamenti con piccoli produttori locali, da quello delle trote a chi raccoglie i funghi o ci dà la verdura degli orti". Tutto in un'ottica sostenibile: "La nostra filosofia è proprio basata sulla sostenibilità, ma non solo in cucina, ma anche proprio in un sistema di lavoro, di allevamento, tutto quello che sta attorno al ristorante e alla Contrada deve essere fatto in un certo modo. Anche nel lavoro dei collaboratori cerchiamo di ottimizzare gli orari, i giorni di riposo".

Cambiare però l'impronta tradizionale della ristorazione e farlo in un luogo rimasto a lungo isolato non è di certo facile: "È una sfida anche nei confronti di chi diceva: non è la cosa giusta, non ce la farete mai. E io invece mi caricavo, trovo sempre il modo di far cambiare idea alla gente", ammette lui. Una sfida che in fondo continua a vincere, soprattutto grazie alla sua grande tenacia: "Mi ispiro tanto a professionisti sportivi in cui riesco a leggere la fatica per arrivare a determinati obiettivi: perché col talento arrivi fino a un certo punto ma poi per fare cose grandi bisogna lavorare tanto. Anche il mio metodo si basa sul sacrificio e sulla passione".

Una passione, appunto, che oggi si è tradotta in Contrada Bricconi e, su scala più ampia, in una vera e propria filosofia del cibo e della vita: "Per me il cucinare rappresenta la cultura, in particolare la cultura di un determinato posto. Nel mio caso rappresenta la cultura di casa mia, della montagna", confida infine Michele Lazzarini: "Ho fatto varie esperienze in giro per il mondo, a riscoprire varie culture, che comunque si intersecano sempre, anche se sei dall'altra parte del mondo".

Foto: sito ufficiale

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